venerdì 4 agosto 2017

Una donna, di Sibilla Aleramo



A volte capita di tenere un libro su uno scaffale per anni prima di decidersi a leggerlo e poi, quando lo si fa, ci si chiede inevitabilmente perché non si sia deciso di farlo prima. Una donna non era sul mio scaffale, ma sulla mia wishlist sì, da tempo immemore, e ancora mi pento di non avergli dato spazio prima.

La storia raccontata è quella della protagonista, riflesso della stessa autrice, che da bambina si trasferisce dalla sua città piena di sogni e colori a un piccolo paesino di campagna dove imperversano monotonia e ignoranza. Innamorata da sempre del padre e del suo spirito ambizioso sogna per sé un futuro in cui potrà lavorare, fare carriera e farsi rispettare proprio come lui. Per contro, la madre, dall'aria sempre così emaciata e infelice, sembra non attirare mai le sue simpatie, non ci sono sogni in lei, non c'è gioia né speranza, e nemmeno la pietà per il suo tentato suicidio, mosso dal dolore per i tradimenti del marito, farà smuovere un particolare affetto nei suoi confronti da parte della figlia. Figlia che intanto inizia a lavorare con grande entusiasmo nell'azienda del padre ma che presto, per porre rimedio all'onta dello stupro, sarà costretta a un matrimonio riparatore. Si convincerà di essere felice, si sforzerà di diventarlo, ma il suo percorso sembra destinato a calcare sempre più le orme di sua madre e trova l'unico suo conforto nel figlio. Saranno il crollo emotivo, l'incitazione del marito a scrivere per ritrovare la serenità e la prospettiva di un immediato trasferimento a Roma a risvegliare pian piano in lei un sopito entusiasmo, un irrefrenabile stimolo all'autodeterminazione e un profondo desiderio di impegnarsi nella questione femminista.


Un libro, il libro... Ah, non vagheggiavo di scriverlo, no! Ma mi struggevo, certe volte, contemplando nel mio spirito la visione di quel libro che sentivo necessario, di un libro d'amore e di dolore, che fosse straziante e insieme fecondo, inesorabile e pietoso, che mostrasse al mondo intero l'anima femminile moderna, per la prima volta, e per la prima volta facesse palpitare di rimorso e di desiderio l'anima dell'uomo, del triste fratello...

Questa affermazione è probabilmente all'origine della decisione di Sibilla Aleramo di iniziare a scrivere questo libro che, come è facilmente intuibile, è una storia dalla forte impronta autobiografica.
Stilisticamente parlando Una donna è una gioia per gli occhi e per l'anima: il linguaggio aulico dell'autrice, le alte vette liriche che arriva a toccare e un italiano solo un po' arcaico ne fanno una piacevole lettura per ogni buon amante della lingua italiana. La piacevolezza, tuttavia, termina qui, non perché non sia un bel libro – al contrario, stiamo parlando di quella che, ad oggi, è stata una delle mie migliori letture del 2017 – ma perché la storia che racconta e i temi che tratta sono gravi, importanti e, purtroppo, estremamente reali.
Per tutto il tempo la protagonista non fa che prendere le distanze da sua madre, prova pena per lei ma non riesce a comprenderla, non condivide la sua passività e dentro di sé sa che non sarà mai come lei. Eppure l'evoluzione dei fatti ci racconta tutta un'altra storia e pian piano si rende conto di essere diventata esattamente il riflesso della sua genitrice: come lei non ha nessuno svago, come lei è infelicemente costretta alla vita al fianco di un uomo che non ama e non la ama di ritorno, come lei perde il controllo e tenta il suicidio, come lei si chiude a una vita di apatia riversando tutto il proprio amore e le proprie speranze sul figlio. Perché le donne danno qualunque cosa in nome della propria maternità? Perché sono disposte a rinunciare a ogni cosa, all'amore, alla serenità, perfino alla propria dignità pur di far sì che le loro azioni non ricadano in qualche modo sui figli? Perché sono pronte a sopportare ogni angheria pur di non esserne allontanate? Sono questi gli interrogativi che si pone mentre si rende conto che la donna del suo tempo è una creatura improntata al sacrificio e che questa caratteristica si trasmette costantemente di madre in figlia. Perché finché si è ancora bambine innocenti non si può provare rispetto per una madre ridottasi a diventare l'ombra di se stessa ed è solo quando, crescendo, si inizia a capire il peso che ella si portava addosso che si comprende realmente quanto quella povera donna abbia fatto per i suoi figli e, ormai impossibilitate a rifarsi dell'affetto perduto, lo si riversa tutto sui propri. È così che la donna continua a essere schiava, finendo inesorabilmente in un circolo vizioso da cui non riesce a intravedere una via di uscita.  "Amare e sacrificarsi e soccombere! Questo il destino suo e forse di tutte le donne?", è questa la domanda che la protagonista pone a se stessa ripensando alla madre e alla sua attuale condizione. E in queste parole riconosco mia madre, costretta a sacrificare i suoi sogni e fare la vita che altri hanno scelto per lei, adattandosi sempre alle loro esigenze; vi riconosco mia cugina quando solo perché volevo cercare lavoro in un'altra città mi accusava di essere egoista e "mandare a monte una famiglia" soltanto perché mi sarei allontanata un po' dalla città dove lavorava il mio fidanzato e dove per me non ci sarebbe stato altro futuro se non quello di adattarmi. Sacrificio, dunque, ormai scolpito così a fondo nel nostro dna da rendercene perfino inconsapevoli. Dopotutto, ancora oggi, spesso ci si stupisce che sia un uomo ad abbandonare la sua vita per seguire la moglie o la fidanzata. Perfino oggigiorno, a oltre cento anni dalla prima pubblicazione di Una donna, molte donne faticano a liberarsi di quell'atavico istinto al sacrificio che le contraddistingue e non riescono a vedere che prima ancora che una moglie o una madre sono soprattutto "una donna, una persona umana". Anche per Sibilla Aleramo, o meglio per la protagonista di questo romanzo, fu lo stesso, al punto che il crescente insorgere in lei di un sentimento diverso, di un non ben formato desiderio di evasione e libertà la induceva a giudicarsi "un essere squilibrato e incompleto".
In Una donna i personaggi sono poco delineati e non hanno nome, sono semplicemente "mia madre, mio padre, mio marito, mio figlio, la mia amica, il dottore" e così via. La mancanza di dettagli apparentemente futili quanto in realtà fondamentali nella maggior parte dei romanzi, contribuisce a incrementare il senso di immedesimazione e nel suo essere così strettamente autobiografica l'opera diviene universale. "Una donna" è lei, Sibilla Aleramo, la protagonista, ma "una donna" è anche tutte le donne del suo tempo di cui lei si fa simbolo e portavoce, perché finché non saremo noi a dar voce alla nostra insoddisfazione nessuno proverà mai a cambiare le cose.

[...] spetta alla donna di rivendicare se stessa, ch'ella sola può rivelar l'essenza vera della propria psiche, composta, sì, d'amore e di maternità e di pietà, ma anche, anche di dignità umana!

Con Una donna Sibilla Aleramo attacca direttamente la società del suo tempo, una società ipocrita che imprigiona la donna con il pretesto di tutelarla e proteggerla da pericoli il più delle volte inesistenti, una società ipocrita in cui nessuno è davvero soddisfatto e tutti non fanno altro che accontentarsi, anche gli uomini, perché laddove non esistano libertà e uguaglianza non potrà mai esserci nemmeno una sincera felicità.

Ho amato questo libro in ogni suo aspetto, ho sofferto con la sua protagonista, ho pianto con lei, sperato con lei, anche odiato con lei, mi è entrato dentro e l'ho compreso, ho compreso lei, l'ho sentita vicina. Se dovessi trovargli un solo difetto direi che la quasi totale assenza di dialoghi tende ad appesantire la narrazione, nondimeno più che a una storia raccontata ci troviamo di fatto difronte al racconto di un percorso interiore e dell'evoluzione di una condizione psicologica, prima ancora che fisica, motivo per cui i dialoghi potrebbero anche risultare superflui: è il non detto a doverci colpire, non più le parole. Leggere questo libro mi ha confermato ancora una volta quanto tutto questo sia assolutamente attuale perché ancora oggi, nonostante i molti progressi in merito, nonostante la donna abbia conquistato un valore agli occhi della legge (ma un valore fino a che punto in un mondo in cui le vittime di stupro si vedono accusate di esserne la causa stessa?) molte di queste convinzioni continuano a costituire le basi della nostra società e la cosa peggiore è che spesso sono proprio le stesse donne ad alimentarle. Per questo credo che ci sia ancora molta strada da fare e sempre per questo sono fermamente convinta che questo testo, in quanto classico inoppugnabile della letteratura italiana e importante testimonianza sulla condizione della donna e la storia dell'emancipazione femminile, necessiti di essere inserito di buon grado nei programmi ministeriali per le scuole. Perché non possiamo pretendere di cambiare il futuro se non iniziamo cambiando il presente.

Alfine mi riconquistavo, alfine accettavo nella mia anima il rude impegno di camminar sola, di lottare sola, di trarre alla luce tutto quanto in me giaceva di forte, d'incontaminato, di bello; alfine arrossivo dei miei inutili rimorsi, della mia lunga sofferenza sterile, dell'abbandono in cui avevo lasciata la mia anima, quasi odiandola. Alfine risentivo il sapore della vita, come a quindici anni.

6 commenti:

  1. Un "classico" che andrebbe inserito dritto dritto nei programmi scolastici, d'accordissimo con te

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    1. Molti testi femminili andrebbero inseriti nei programmi scolastici, questo è decisamente uno di quelli. Mi chiedo quando qualcuno si deciderà a fare concretamente qualcosa, se almeno alcuni docenti iniziassero a inserirli di loro iniziativa forse si muoverebbe qualcosa.

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  2. Bellissima recensione, Mami, ora devo ASSOLUTAMENTE recuperarlo, è diventato un imperativo! Questo romanzo sembra contenere tutto ciò che di solito cerco in un libro e ho tutte le intenzioni di procurarmelo il prima possibile e di leggerlo subito!

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    1. Grazie! A me è piaciuto moltissimo questo libro e ora sono curiosa di leggere gli altri suoi, spero faccia lo stesso effetto anche a te :)

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  3. Ciao Mami! Ho in wishlist questo libro dai primi tempi universitari: tra un corso di letteratura contemporanea ed uno tutto incentrato sulla letteratura di genere e sulla questione femminile nella cultura italiana di primo Novecento puoi ben immaginare quanto io abbia sentito nominare la Aleramo, eppure ancora non ho letto questo libro. Grazie per averne parlato, tra l'altro la tua recensione è bellissima e credo possa invogliare anche a chi non si è mai avvicinato a questa fetta di letteratura, che senz'altro merita molta più attenzione tanto nelle scuole quanto tra i lettori. Almeno al pari dei colleghi uomini.

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    1. Ma che bei corsi che segui! Spero riuscirai a leggerlo presto e che ti piaccia quanto è piaciuto a me. Sai, il mio scopo è quello di arrivare un giorno a integrare la storia della letteratura con molti più nomi femminili di quelli che conta oggi, io mi occupo di letteratura giapponese per cui non posso contribuire in alcun modo a quella italiana, ma spero che pian piano le cose inizino a cambiare :)

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